Quando ho iniziato a suonare, la lotta fra i sistemi di amplificazione per chitarra era tra valvole e transistor. Il digitale non era ancora entrato in partita. Di conseguenza negli anni ho lavorato per costruire i miei suoni con i sistemi tradizionali. Alla luce di questo posso ritenermi un chitarrista analogico. Nonostante ciò riconosco nel digitale grandi potenzialità poiché consente di registrare in modo pratico e soprattutto “amichevole” per i vicini. Fino a pochi anni fa purtroppo però le simulazioni digitali non riuscivano a reggere il confronto con le valvole. Oggi è diverso! Il mondo dell’amplificazione digitale per chitarra è stato rivoluzionato dall’applicazione degli impulse response. Grazie a questa tecnologia possiamo far apprendere ai nostri sistemi digitali il comportamento fisico di un suono ed è quindi possibile copiarlo nelle caratteristiche timbriche. Strumenti come il Kemper si basano su tale tecnologia. Il mio ingresso nel mondo dell’amplificazione digitale sta avvenendo in modo graduale e in tutta onestà non vedo il motivo di buttarmi a capofitto su un sistema completamente digitale. Infatti ho ancora modo di utilizzare le mie testate valvolari e i miei suoni grazie a un carico fittizio che sostituisce la cassa. Loadbox è il nome con cui stiamo imparando a conoscere questi apparecchi. Grazie alle loadbox riusciamo a utilizzare un amplificatore (valvolare o transistor), senza collegare una cassa. Il carico fittizio infatti fornisce al trasformatore d’uscita di un amplificatore la resistenza necessaria affinché questo non si bruci. Ciò ci permette di tenere una testata accesa senza la cassa collegata e di suonare anche con il potenziometro del volume al massimo, senza però udire alcun suono. Sembra una pazzia, in realtà ogni loadbox prende il segnale di potenza proveniente dall’amplificatore assorbendolo e trasformandolo in un segnale di linea che possiamo mandare a un impianto audio (mixer e casse) o a una scheda audio per registrare. Ma come sarà il suono che arriva direttamente dall’uscita di potenza di un amplificatore? La risposta è: decisamente brutto. I coni delle casse per chitarra, infatti, sono progettati appositamente per amplificare solo determinate frequenze, funzionano quindi come un filtro che fa passare solo le frequenze “buone”, quelle che rendono gradevole il suono della chitarra elettrica. In assenza di un cono, mancherà anche il filtro e ne risulterà un suono sgradevole. Per superare questo problema, nella loadbox è possibile attivare un filtro che funziona in modo analogo a un cono per chitarra. Fin qui si potrebbe pensare che il problema sia risolto, d’altra parte però bisogna considerare che esistono centinaia di modelli di coni per chitarra. Ognuno di questi ha una risposta in frequenze molto diversa l’una dall’altra, di conseguenza il filtro, come precedentemente detto, sarà diverso di modello in modello e caratterizzerà fortemente il suono. E la cassa? Lo “scatolo di legno” su cui il cono è montato influenza notevolmente la risposta in frequenze del cono. Ad esempio, un Celestion Greenback montato su una cassa 4×12 Marshall suonerà diversamente se montato su una cassa Bogner. Per tornare al punto, ecco come risulta utile il digitale e soprattutto gli impulse response. Grazie a questa tecnologia è possibile copiare il comportamento di un cono montato in una specifica cassa trasformandolo in digitale. Possiamo così creare un filtro da applicare al suono proveniente da una loadbox, fornendo le stesse caratteristiche che avrebbe se provenisse da una cassa. Un altro importante aspetto da tenere in considerazione è che per riprendere le caratteristiche di un cono dobbiamo utilizzare un microfono. Ne esistono molti modelli usati per registrare la chitarra elettrica. Ognuno di questi dà al suono una peculiarità. In più, considerando che anche la sua posizione rispetto al cono influirà sul risultato finale, le variabili aumenteranno. D’altra parte però il suono che sentiamo nei dischi che hanno fatto la storia della chitarra elettrica, è un suono microfonato. Detto questo, l’opportunità di creare un impulse response che racchiuda anche le caratteristiche della microfonazione può essere considerato vantaggioso per avvicinarci ai suoni dei nostri beniamini. Avete ancora le idee confuse? Niente paura, in questo video potrete vedere come si crea un impulse response e capirne meglio il funzionamento. Prima di procedere però ci tengo a precisare che non sono un fonico ne un creatore di IR professionista, il mio esperimento è mirato solo alla comprensione delmeccanismo di funzionamento di questa tecnologia.